Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


lunedì 2 aprile 2012

Ci sono novità.

Ieri mi è venuta l'idea di inserire una sezione dedicata alle novità di cui vengo a conoscenza, alle cose che mi sembra bello fare o leggere o guardare. Vediamo. Non garantisco troppa costanza e neanche troppo aggiornamento, ma garantisco che ci provo, quantomeno.
Felice se ricevo segnalazioni (quante cose si perdono in questo mondo trafelato).
Se avete voglia, scrivetemi qui.

3 commenti:

Gabriella ha detto...

Cara Giulia, il mio commento è per l'articolo di Cavazzoni, che nel suo "elogio delle erbacce" (titolo del libro di R. MABEY, Ponte alle Grazie 2011)fraintende Manzoni. Il quale era certo un botanico e soprattutto uno scrittore scrupoloso, che si documentava prima di scrivere qualsiasi cosa, ma era anche un moralista (nel senso più nobile del termine): la vigna di Renzo (vigna, non giardino!) sommersa dalle erbacce è metafora della società umana e della storia che, senza una guida razionale, degrada verso forme di disordine e di morte. Il giudizio morale è evidentissimo nella similitudine conclusiva, ma emerge anche nel lessico metaforico con cui Manzoni attribuisce alla vegetazione caratteristiche "umane". C'è un limite all'interpretazione ...

Gabriella ha detto...

Ah, dimenticavo! Io personalmente non ho niente contro le erbe spontanee in un giardino, anzi, sono i giardini troppo "leccati" a lasciarmi perplessa :)

giulia capotorto ha detto...

Grazie mille Gabriella per il tuo commento così puntuale. D'altro canto devo anche dirti però che io, forse portatrice sana di post-postmodernismo, penso che all'interpretazione non ci sia limite. Dopotutto i classici sono quelli che non finiscono mai di dire quello che hanno da dire...En tout cas, forse è meglio che non mi metta a discutere con una filologa :-) e torno alle mie incolte erbacce. Grazie ancora, giulia