Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


martedì 24 luglio 2012

Pomodori in fotografia.


 grazie a Eugenio per la coltivazione e la foto.

Per vari motivi lontana da terrazzo, ballatoio, isola, Milano, Lombardia. In luogo virente e campestre. Le piante affidate a cure amorevoli vivono in questo periodo senza di me, come bambini in kinderheim o cani in pensione. Qualcuna penso soffra, altre credo sinceramente di no. Per di più, a dire il vero, non ho fioriture spettacolari da perdere o eventi eccezionali che mi fanno rimpiangere il momentaneo allontanamento. Ci sarà (forse) qualche bocciolo di rosa inglese, sicuramente la vite vergine si sarà spinta a colonizzare il cielo ancora più di quanto è sua abitudine. Forse le hoste staranno timidamente fiorendo lunghi steli pallidi. Le cappuccine? Loro sì, saranno cascate arancioni, e mi spiace perdermi un poco dei fuochi artificiali.

Ma più di tutti, tutti, i pomodori. Li ho piantati dopo lunge resistenze personali -tutt'oggi non sono di quelle che credono realmente all'orto da terrazzo.  Ritengo pervicacemente che l'urban orto sia  troppo spesso un gioco radical chic, tranne quando si hanno bambini a cui mostrare il miracolo della nascita dei cibi. Odio le grosse latte da sugo all'ingrosso, dove far crescere le zucchine (a meno che non siano davvero state trovate in ricicleria). Odio quasi sempre le pose da urban farmer. Eppure, i miei (ora rossi) pomodori mi fanno venire le lacrime agli occhi dall'emozione, e mi dispiace averli potuti vedere maturi solo in fotografia.


mercoledì 4 luglio 2012

Verde mare.



Credo cercherò più blu (e azzurro, turchino, acquamarina...) che verde, ma non si può mai sapere cosa si incrocia per strada. Di sicuro mirto.
Eh sì, vado una settimana in Sardegna, proprio adesso che i pomodori da balcone stavano quasi per diventare rossi. Me ne farò una ragione.