Che coltivare un orto sia forse coltivare il mondo e che innaffiare un ciclamino sia un atto di resistenza sentimentale, un dire io sono qui, ora, e mi prendo cura.


venerdì 12 ottobre 2012

Serendipity nel bosco.



Una parola che amo molto non è italiana,  non ha nessun corrispondente a mio parere nella nostra lingua e quindi alla fine non la uso mai. Rimane una di quelle parole che aleggiano silenziose a definire concetti che raramente vengono espressi, ma che non per questo sono meno veri o potenti.
Le parole non riescono a definire tutto, e forse per fortuna. Lo scarto tra quello che sentiamo e quello che diciamo ci dà un po' di confusione, ma è lì che spesso nascono le poesie (dalle valenze coperte e vagabonde).
C'è chi ha definito la serendipity in questo modo


« Serendipity is looking in a haystack for a needle and discovering a farmer's daughter. » 
Cercare un ago nel pagliaio e trovare la figlia del fattore.

Serendipity, che poi è anglosassone per modo di dire, perché deriva da un termine persiano, sta tutta in questa tensione tra cercare e trovare.
Cerchi una cosa e ne trovi un'altra, più bella e preziosa o strana e inaspettata. Una specie di magia sostitutiva, di cui si è appropriata anche la scienza, quella "dura", per definire tutte le scoperte avvenute per caso, cercando, appunto, altro.

Serendipity è anche un'attitudine mentale (cerca di raggiungere le Indie, troverai l'America, come diceva Andrea Zanzotto), un esercizio di concentrazione "alla rovescia", che libera l'intuizione, ed è, in assoluto il tipo di atteggiamento da usare per innamorarsi e per trovare quadrifogli e funghi.
 
 
 I grandi fungaioli dicono che bisogno distrarre il bosco, distraendosi. Ecco che allora il bosco, rilassato, non nasconde più i suoi tesori, ma li fa trovare proprio lì, davanti al passo.
 
 Io amo pensare mio padre come un maestro di serendipity.